Anno dopo anno, gli effetti del cambiamento climatico in Italia diventano sempre più evidenti: l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) ha rilevato un aumento tendenziale delle anomalie climatiche in tutte le regioni del Paese e la persistenza di condizioni di siccità in gran parte della penisola.
Modelli di lungo periodo climatici e meteorologici
Nel 2016 è stata registrata un’anomalia climatica media di +1,35 gradi. Seppure inferiore rispetto a quella registrata nel 2015, non sono mancati picchi mensili superiori a +3 gradi, soprattutto durante la stagione invernale. La carenza o la completa assenza di precipitazioni nel corso dell’inizio e della seconda parte dell’anno ha colpito molte delle regioni italiane, assottigliando le riserve idriche. Ciononostante, sono stati registrati numerosi fenomeni meteorologici di intensità eccezionale, con tempi di ritorno compresi tra 100 e 200 anni.
I modelli di lungo periodo prevedono che entro un secolo l’aumento della temperatura media in Italia sarà compreso tra 1,8 e 5,2 gradi. La dinamica riguarderà in maniera pressoché uniforme tutto il territorio nazionale: aumenteranno fra l’altro vampate di calore e notti tropicali, che nel peggiore dei casi arriveranno a coprire più di due mesi l’anno.
Sul fronte meteorologico le previsioni di lungo periodo sono molto più incerte ma è pressoché sicuro che si intensificheranno fenomeni intensi inattesi. Quantificare i rischi e i danni economici derivanti da questa profonda rimodulazione climatica e meteorologica non è facile, data l’aleatorietà di numerose variabili. Tuttavia i modelli di lungo periodo del Centro comune di Ricerca europeo (Jrc, Joint Research Centre) possono fornire qualche spunto di riflessione.
L’impatto economico: l’agricoltura il settore più colpito
Il primo settore economico a cui si pensa quando si fa riferimento ai costi impliciti del cambiamento climatico è l’agricoltura. L’innalzamento delle temperature medie e massime sommato agli squilibri meteorologici influenzeranno la geografia delle culture e delle tecniche agricole, causando inoltre l’abbandono di crescenti porzioni di territorio, divenute oramai incoltivabili a causa della canicola o della siccità.
Tuttavia, i contraccolpi del riscaldamento globale sui mercati internazionali delle commodities agricole, che prevedibilmente spingeranno le quotazioni di riferimento verso l’alto, offriranno al tessuto produttivo italiano opportunità di mitigare gli effetti sull’ industria agroalimentare nazionale.
Non è difficile prevedere, però, che questa opportunità sarà appannaggio esclusivo dei grandi produttori, capaci di mettere sul piatto le risorse necessarie alla continua riqualificazione del settore, mentre i piccoli produttori rimarranno schiacciati in un mercato sempre più complesso dinamico e competitivo.
Sulla base delle proiezioni del Jrc e di Coldiretti, che valuta in 14 miliardi di euro i danni causati nell’ultimo decennio dal cambiamento climatico all’agricoltura italiana, è possibile stimare costi per l’economia nazionale compresi tra 20 e 30 miliardi di euro entro il 2030.
L’impatto sulla salute e sulle attività dell’uomo
Meno intuitive ma assai più rilevanti sono le conseguenze sulle salute umana. L’aumento delle temperature medie e massime sommato all’intensificarsi delle ondate di calore è destinato a incidere sul tasso di mortalità e di morbilità generali.
Recenti studi, inoltre, prevedono un crescente impatto sulla produttività del lavoro soprattutto nelle attività economiche svolte all’aperto. Anche se al momento gli outlook più negativi si concentrano sul continente asiatico, e in particolare sul subcontinente indiano, l’area mediterranea sarà comunque la regione europea più colpita dal fenomeno.
Incrociando le proiezioni del JRC, quelle del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e quelle della London School of Economics si può stimare un impatto negativo sulla produttività stimabile tra 10 e 20 miliardi di euro entro il 2030.
L’impatto sui fronti energetico e idrogeologico
Anche sul fronte energetico il cambiamento climatico imporrà crescenti costi. Se da una parte non è difficile prevedere un progressivo ridimensionamento del fabbisogno energetico legato al riscaldamento degli edifici, è altrettanto facile prevedere uno speculare aumento dei consumi legati alla climatizzazione. E il saldo energetico delle due dinamiche sarà quasi certamente positivo.
Come riscontra uno studio finanziato dall’Unione Europea, entro il 2030 è possibile prevedere in Europa un calo del 30% del fabbisogno energetico legato al riscaldamento e un aumento del 72% legato alla climatizzazione e alla refrigerazione.
Non va dimenticato, inoltre, che l’Italia produce una notevole quantità di energia elettrica tramite impianti idroelettrici. La carenza di precipitazioni ha già ridotto l’output delle centrali e l’Enea prevede che nei prossimi decenni la portata dei bacini idroelettrici diminuirà ancora.
Anche il rischio idrogeologico è destinato aumentare a causa del riscaldamento globale. Periodi prolungati di siccità, infatti, riducono la capacità di assorbimento del terreno, trasformando i fenomeni meteorologici più violenti in vere e proprie catastrofi naturali.
Attualmente, i costi correlati al dissesto idrogeologico del territorio italiano sono stimati in circa 2,5 miliardi di euro l’anno, ma la cifra è destinata a levitare nel corso dei prossimi decenni. Parallelamente, anche i costi legati al contenimento degli incendi e alla messa in sicurezza dei territori a rischio sono destinati ad aumentare.
Una stima complessiva di decine di miliardi di euro
Tra i settori economici che subiranno i maggiori contraccolpi, infine, non si può non menzionare quello turistico e soprattutto il segmento invernale, che vale circa 10 miliardi di euro l’anno.
L’aumento delle temperature e la drastica riduzione delle precipitazioni nevose stanno già mettendo in crisi numerosi impianti sciistici e minacciano di colpire anche il segmento balneare, a causa dell’eccesivo innalzamento delle temperature.
Complessivamente, perciò, è possibile prevedere che già nel corso del prossimo decennio le conseguenze del cambiamento climatico costeranno all’economia italiana diverse decine di miliardi di euro.
Riuscire a mitigare questi contraccolpi non è solo un dovere morale nei confronti delle future generazioni, ma anche una priorità strategica per l’economia nazionale.